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“Epperchémai?”
“Perché m’arimbalza”
Ermeticus sentì quel frammento linguistico nell’aria, sull’autobus 17, mentre rientrava dal lavoro. Lo sentì alle spalle, ma non si voltò. Poi lo schianto secco. Fermi. Bloccati. Stop. Occhiate vacillanti, interrogative. Tutti pensavano all’incidente stradale. Ma, su un sedile dell’ultima fila, c’era un tipo affusolato, storto, ossuto. Insomma, praticamente morto.
“È lui che diceva m’arimbalza”, sbottò il piccoletto cicciottello, che stava accanto all’estinto.
“E tu?”
“E io ho sparato ma….ma, accidenti!, nun gl’arimbalzato!”
L’autobus riprese la corsa. Ermeticus scese, al solito, duecento metri da casa. Un gioco? O c’era un mistero dietro quell’omicidio? Stranito. Disorientato. Ermeticus tenne fede al suo nome. Farfugliò poche sonorità squinternate, infilò la porta rabbuiato. E cadde in un tormentoso sonno.
Di buon mattino, Ermeticus sfiorò sul tablet l’icona del quotidiano cui era abbonato. Politica, gente che litiga! Economia, mamma mia! Migranti, tanti! Cultura, da far paura! Notizia taglio basso. Ucciso Tirabasso, artista performer. Sull’autobus 17. Caso risolto. il piccoletto, sotto torchio, era crollato.
“Epperchémai?”, gl’aveva domandato dopo il furto da Bulgari, Via Condotti. Insieme avevano progettato e compiuto l’impresa. E lui, l’affusolato, artista performer ribattezzato Giggi er bullo (come la macchietta di Petrolini), s’era infrattato una collana di diamatini e zaffiri, due bracciali e una spilla d’epoca. Nun c’aveva ‘na lira, le performance nun glie davano da magnà e s’era arruffato il grosso, poi s’era rifiutato d’aprire la valigetta scura. E il piccoletto grassottello, noto Capannelle (omaggio ai “Soliti ignoti”) s’era arrabbiato, la bocca schiumante. Poi gl’aveva cercato “li mortacci tua”. Ma quello niente. “M’arimbalza”, con calma serafica. “T’arimbalza? E allora eccoti un bel regalino ”. Sulla scena era comparsa, all’improvviso, la pistola e, in un battito di ciglia, Gigi er bullo, l’affusolato, era a terra. Lo sparo, il fiotto di sangue e la fine in un amen.
Delitto d’impeto.“Raptus”, diceva il giornale on line.
Ermeticus farfugliò le solite sonorità sgangherate, tra un goccio di latte e un boccone di pane con marmellata. Poi s’interrogò:”Ma è la verità?” E si rispose:”Non è detto”. Suggestioni di ribaltamento grottesco. Venature di intrecci Pirandelliani. Buchi neri della cronaca, della vita. E comunque c’erano nuove tessere per la ricostruzione del mosaico. Per disegnare il profilo dell’omicidio, Ermeticus non s’era fidato del primo frammento. Non aveva ragione di prendere la confessione per oro colato (a volte si sparano fake news come proiettili). Lui ci lavorava col linguaggio, ricercatore (tempo determinato) all’Università. Sapeva che i pensieri, gli oggetti sono definiti, catturati dal suono delle parole. Quelle parole che gli piaceva sottrarre al regno della cagnara, dell’urlo, del superfluo.
Ermeticus. Nun gl’arimbalza.

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