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S’incontrarono nel mercato dei ninnoli, che ufficialmente era chiuso, perché classificato come gioco d’azzardo. Jason e Irene fecero finta di non conoscersi, quando entrarono nel mondo dei balocchi.
Non sapevano che la polizia era stata lì per indagare su un’oscura storia di armi, armi giocattolo. L’addetto era molto teso, in ansia, e non aveva torto perché chiunque avrebbe potuto approfittare di quella vicenda nebbiosa, irrisolta, inquietante. Si raccontava di loschi figuri, trame, depistaggi, di gioventù perdute, di spudorati avventurieri, di strani messaggi.
Ma i giocattoli non avevano paura. Un orso di peluche, seduto al tavolino, disse:”A disposizione”. C’era di tutto nella vetrina, dalla bambola di porcellana, da collezione, ai videogiochi gelidi, costruiti da menti raffinatissime. Super Mario s’affacciava alla finestra di uno schermo lucido e dei topolini bianchi ballavano il tip-tap. “Mi serve qualcosa di semplice. Non vorrei complicarmi la vita”, disse Jason mentre Irene, pur a distanza, non potè fare a meno di ascoltare. Sembravano sconosciuti ma erano stati amanti, avevano vissuto un intenso flirt in gioventù. Come attori di un film appassionante, denso, ma anche distaccato, evanescente. Poi le loro strade si erano divise, avevano cambiato conoscenze, coscienze, città e civiltà. Lontani mille miglia, avevano creato nuove famiglie. E per i loro figli adesso erano lì. Fu così che s’incontrarono in quella segreta stanza, avamposto enigmatico, minacciato da congiure e sbirri. Scelsero balocchi fragili e potenti macchine aeronautiche. Se n’andarono senza guardarsi, senza scambiarsi un sorriso, neanche in nome del vecchio sodalizio, dell’affetto che fu.
Lasciarono i giocattoli nella loro solitudine, nella battaglia folle e fantastica contro i mulini a vento. Li abbandonarono con quella storia di contrabbando, di accuse, di presunti crimini e misfatti, mentre tentavano l’impresa di reggere la baracca della felicità minacciata, dei sogni di bimbi smarriti ma non vinti. Piuttosto desiderosi, di stare al gioco, al dolce passatempo dei balocchi.

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