…semplicemente Monica Vitti
Sarà stato l’81. O forse l’82. Insomma, primi anni ottanta. Al Sistina, il glorioso teatro romano, il mattatore è Enrico Montesano con Bravo!, la commedia musicale di Terzoli e Vaime che riscopre i vecchi comici del varietà.
Io ci sono, alla prima. E accanto a me c’è una signora bionda che parla fitto fitto – e critica parecchio – con il suo accompagnatore. È una donna bella, d’una bellezza semplice, spontanea, schietta, senza fronzoli. Ma accidenti!, è davvero perfezionista, tosta! Non perde un passo delle ballerine, una nota delle soubrette, una frase del primattore. E picchia duro con le sue battute. Ma sarà mica un’attrice?
Una donna semplice.
Musa di Antonioni.
Lo spettacolo è eccezionale, Montesano è davvero
Bravo! C’è un testo forte. C’è l’allenamento e la statura per reggere un musical diverse ore. Si ride parecchio. Ma la mia attenzione è per la signora nella poltrona accanto. Ripeto, una donna semplice…semplicemente Monica Vitti. La diva, la musa di Michelangelo Antonioni, la protagonista del cinema italiano. E io sono veramente emozionato!
Lei nasce a Roma nel 1931. E comincia col teatro, quello impegnato. Shakespeare, Molière. Poi incontra un maestro, un grande maestro, quel Sergio Tofano che – dopo l’Accademia d’Arte Drammatica – la coinvolge nella messinscena della sua geniale invenzione, il signor Bonaventura.
Specialista delle contaminazioni, Tofano porta il suo fumetto a teatro. Ed è lui stesso a interpretare l’omino – un bassotto per amico – che ripara torti e alla fine della storia viene sempre premiato con un milione.
Una donna semplice.
Sergio Tofano, il maestro.
Sergio Tofano è attore molto irregolare. Recitazione disincantata, ironica, quasi fuori dall’intreccio. E’ lui che – primi anni cinquanta – s’accorge delle qualità comiche di quella ragazza che interpreta i classici. E la convince a cambiare nome: Maria Luisa Ceciarelli diventa così Monica Vitti. E però diventa anche seria, molto seria, perché incontra Michelangelo Antonioni. È l’inizio di un sodalizio artistico e sentimentale. Musa del regista, Monica, donna semplice, è diva del cinema dell’incomunicabilità. È star internazionale.
Monica Vitti e i film fatti con Antonioni, la riscoperta della vena comica e la commedia all’italiana, la vita riservata che ora conduce a causa della malattia. Questa non vuole essere una narrazione cronologica. Vado per ricordi. Per incastri della memoria.
L’eclisse, 1962, regia di Antonioni, scena finale. Magnifica! Piero (Alain Delon) e Vittoria (Monica Vitti) si giurano amore eterno, ma non si vedono più. Passano i giorni, le stagioni: la strada dell’appuntamento è simbolo del disagio, dell’ipocrisia, della crisi.
Una donna semplice.
Regina del café chantant.
Facciamo un salto di 12 anni. 1974, dal cinema alla televisione. Il sabato sera, da marzo a maggio, c’è Milleluci, regia di Antonello Falqui. Dominano la scena due assolute primedonne, Raffaella Carrà e Mina, alla sua ultima apparizione tivù. Monica Vitti, nella seconda puntata, completa il trio. Ed è café chantant.
Ma il café chantant Monica Vitti l’ha già frequentato nel 1970, al cinema. Lei è Ninì Tirabusciò, la donna che inventò la mossa. Il film – diretto da Marcello Fondato – è ispirato alla vita di Maria Campi, la diva del varietà – bella e brava – che conquistò il pubblico con il celebre movimento. Ed ecco la performace, divertita e divertente, della grande Monica.
Una donna semplice.
“Volevo essere come la Vitti”.
Metà anni sessanta. Antonioni gira a Londra Blow-Up, un film che è una rivoluzione. Nel linguaggio del cinema, nell’innovazione delle forme e nella realtà che si fa inafferrabile. Blow-Up vince la Palma d’oro a Cannes. Tra gli interpreti – con David Hammings e Jane Birkin – una giovane Vanessa Redgrave.
La grande attrice inglese ha dichiarato:”Prima ancora di lavorare con Michelangelo, lui per me era come un dio! Quando ho saputo che mi voleva per Blow-Up ho pensato: Mio Dio, avrò un ruolo come la Vitti! Lei è un’attrice eccellente: la adoravo, volevo essere come lei, e anche bionda come lei… ma non avevo nulla di Monica! Le mie speranze infatti erano davvero scarse, e Michelangelo disse che mi voleva con i capelli neri e delle strisce bianche.”
Nel 1966, Vanessa Redgrave ha 29 anni. È un’affermata attrice di teatro. Il film di Antonioni la lancia tra le stelle del cinema mondiale. Ma lei ha come punto di riferimento un’altra stella, la 35enne Monica Vitti, che però ben presto lascerà Antonioni e il cinema cosiddetto d’autore.
Una donna semplice.
Commedia all’italiana.
E Monica Vitti riscopre le qualità comiche, già valorizzate dal suo maestro, il grande Sergio Tofano.
Del ‘68 è La ragazza con la pistola, diretto da Mario Monicelli. Interpreti, con la Vitti, Carlo Giuffrè e Stefano Satta Flores. Monica è Assunta Patanè, giovane siciliana sedotta e abbandonata che, per difendere il suo onore, insegue il seduttore fino in Scozia. Naturalmente, armata di pistola.
Ma quanti film ha fatto Monica Vitti? Più di cinquanta. Ne La ragazza con la pistola è davvero inarrestabile. Da mito dell’incomunicabilità a protagonista delle tante difficili comunicazioni della società italiana. Come Gassman, Sordi, Tognazzi, Manfredi, Mastroianni. Unica donna tra i giganti del cinema italiano.
Fa coppia con Marcello Mastroianni in un film del 1970, Dramma della gelosia ( tutti i particolari in cronaca ), regia di Ettore Scola. Il triangolo è completato da Giancarlo Giannini.
Un posto particolare tra i partner artistici di Monica Vitti ha Alberto Sordi. Il film più importante fatto dalla coppia, con la regia di Sordi, è senza dubbio Polvere di stelle, 1973, in cui si celebrano i fasti dell’avanspettacolo.
La soubrette Dea Dani e il comico Mimmo Adami, nel 1943 a Roma, vivono un momento di gloria, che però si rivela solo un sogno quando, finita la guerra, nella Capitale arrivano le grandi compagnie.
Una donna semplice.
Talento e umiltà.
Monica Vitti straordinaria. Recita, canta, balla. Una donna semplice e un’artista completa. Talento e umiltà. Dal cinema di Antonioni alla commedia. Ma, prima dei film, il teatro. E le incursioni in tivù. Non si è fatta mancare niente. Neanche le geniali follie di Buñuel. Eccola nel Fantasma della libertà (1974) alle prese con un surreale senso comune del pudore. E recita in francese.
La signora della poltrona accanto oggi vive appartata. E io voglio pensare che si sia presa un bel periodo di riflessione per capire dove declinare le sue grandi capacità artistiche.
Ho fatto dei conti. Monica Vitti, quella sera al Sistina aveva già raggiunto il traguardo dei cinquant’annni. Ma non ne dimostrava più di trenta. Fascino che si fa accompagnare da cultura e discrezione. Una donna semplice, in rivolta, Monica Vitti. Ha detto: Il segreto della mia comicità? La ribellione di fronte all’angoscia, alla tristezza e alla malinconia della vita.