“Cuba / que linda es Cuba.”
L’isola delle meraviglie, la sabbia di Varadero, la lunga striscia bianca, carezzata dall’azzurro del mare, infestato di barracuda.
Il giornalista italiano ammirava lo spettacolo e gli occhi correvano dall’Atlantico al Mediterraneo, dai Caraibi alla Sardegna. In dissolvenza, la spiaggia quasi africana si confondeva con quella del sogno rivoluzionario.
Lui guardava nervosamente l’orologio, ma la giornata volgeva al termine nell’isola delle meraviglie, e da Roma anche oggi nessuno l’avrebbe più cercato per avere un pezzo su quanto stava accadendo a L’Avana. Non c’era nulla di urgente, le notizie che provenivano dalle altre Capitali erano certamente più importanti e presto avrebbero riempito le pagine degli Esteri. Cuba poteva aspettare.
Il sogno nell’isola delle meraviglie
Il corrispondente fissò la sua compagna e in una piega del viso colse l’impazienza della giovane mulatta. Breve sguardo d’intesa e insieme decisero ch’era tempo di tornare in città. A L’Avana vecchi e ragazzi guardavano l’orizzonte, sognando terre lontane. Le navi dell’Unione Sovietica e della Germania Est erano ancorate nel porto, mentre un traffico misurato inghiottiva le auto d’epoca, dai colori improbabili, che gli americani avevano lasciato nell’isola delle meraviglie.
Fidel quel giorno era molto occupato: doveva ricevere la diva di Hollywood all’amatriciana per un servizio fotografico che avrebbe fatto il giro del mondo. Questo innervosiva non poco un inviato speciale che da mesi attendeva un segno per un’intervista che non sarebbe mai stata concessa dal capo dei Barbudos. Un aereo atterrò con un carico di turisti emozionati e confusi. Erano italiani, innamorati di Cuba e del mito del medico argentino.
Il mito nell’isola delle meraviglie
“Aquì se queda la clara / la entranable trasparencia / de tu querida precencia / comandante Che Guevara”.
Intellettuali e politici, scrittori e giornalisti, uomini e donne che condividevano – non senza aspri scontri – idee e libri, sogni di libertà e discipline di partito toccavano il suolo più simbolico, vedevano il film più avvincente della loro vita.
Nel gruppo dei sardi c’era anche il corrispondente da Cagliari dell’Unità, ch’era cresciuto guardando all’isola delle meraviglie, a Hemingway, e aveva vissuto con apprensione la crisi dei missili, quando tutto il mondo era in ansia, ma aveva gioito quando gli esuli inviati dalla Cia furono respinti alla Baia dei Porci.
La vita nell’isola delle meraviglie
Una famigliola cubana li salutò ballando e cantando. La voglia di libertà, nell’isola delle meraviglie, si esprimeva con l’allegria, mentre il leader maximo sorvegliava la Rivoluzione, passando iI tempo libero in un campo di basket.
I sigari Avana e le piantagioni di canna da zucchero erano fonti di ricchezza che certamente non sarebbero bastate senza l’aiuto del Patto di Varsavia. E se a Cuba tanti potevano studiare e avevano diritto all’assistenza sanitaria, molti preferivano la strada del mare, verso la Florida, l’America sognata. Gli Italiani erano stati accolti con simpatia. Mangiavano noci di cocco, grandi piatti di aragoste, bevevano rum e coca cola e chiacchieravano amabilmente con i nuovi amici. Dall’isola delle meraviglie all’isola della memoria, sardi e cubani riuscivano a trovare un linguaggio comune, una cultura condivisa.
Dove sta andando Cuba?
Chi l’avrebbe mai detto che un giorno tre Papi, incontrando Fidel, avrebbero aperto un varco verso la democrazia, strada tortuosa, in salita. Raul Castro, che aveva studiato dai gesuiti e aveva promesso che sarebbe tornato alla Chiesa Cattolica, ha lasciato. Ora il Presidente è un cinquantenne che non era nato ai tempi della rivoluzione. Un cinquantenne cresciuto con i Beatles e con i ritmi del Buena Vista Social Club.
Dove sta andando Cuba, l’isola delle meraviglie, ce lo dirà il tempo. Così vicina e così lontana l’America di Trump, due mondi uniti dalla casa di Hemingway. Sicurante sappiano dove conduce la strada aperta dal Comandante Che Guevara: i medici cubani vanno nel mondo e si portano dietro la cultura della solidarietà, ora che il virus si è trascinato l’emergenza globale, sconvolgendo la geografia del pianeta, abbattendo il confine tra vecchi e nuovi amici. Niente sarà più come prima, si dice. Certamente siamo di fronte ad una crisi di sistema, di quelle che si superano individuando nuovi orizzonti.
Cuba, nuovi orizzonti
È caduto il muro tanti anni fa, si è dissolta la cortina di ferro, ma sulle macerie dell’impero sovietico, a ovest troppe ingiustizie e disuguaglianze accompagnano la vita difficile di milioni di donne e uomini. Il dubbio non è più un dubbio e non è il migliore dei mondi quello in cui un Paese dell’Unione Europea, già appartenente al blocco dell’est, l’Ungheria, sospende Democrazia e Libertà.
Dunque, il socialismo reale ha fallito ma il capitalismo dovrà cambiare, la nostra società dovrà esplorare nuovi sentieri, imparando da tutti, anche dai medici cubani, messaggeri di solidarietà, che pure a casa loro dovranno aprire varchi di libertà, scrutando l’orizzonte dall’isola delle meraviglie. Dalla spiaggia di Varadero.